Free-Piston

L’origine dei motori a ciclo Stirling free-piston (free piston Stirling engine) risale ad una brillante idea di W. Beale che nel 1964 intravide la possibilità di far funzionare una macchina di Stirling senza manovellismo affidando alle variazioni di pressione il compito di muovere il pistone ed il displacer.




I principali vantaggi di un motore Stirling free-piston sono l’elevata efficienza, la relativa semplicità costruttiva e di funzionamento, la presenza di poche parti mobili, l’assenza di manovellismi, la possibilità di essere alimentato, come per le altre tipologie di macchine di Stirling, da diversi combustibili ed eventualmente ad energia solare o nucleare, la possibilità di produrre potenza in un intervallo ampio di temperature delle sorgenti termiche, l’elevata affidabilità, l’assenza di perdite del gas di lavoro, la possibilità di realizzazioni in intervalli di potenza da qualche W alle decine di kW, e infine la possibilità di funzionamento da refrigeratore ed eventualmente duplex (motore e refrigeratore).
La minore usura dei componenti rispetto ad un analogo motore con manovellismo è dovuta all’assenza di forze laterali agenti sul pistone e displacer ad eccezione eventualmente del peso proprio dei componenti nel caso in cui l’asse non sia verticale.
A questi indubbi vantaggi si contrappone la difficoltà progettuale di un motore in cui il moto dei vari componenti non è stabilito a priori da un manovellismo che ne imponga la legge di variazione reciproca e per cui successivamente si possa disegnare la macchina ottimizzandone le prestazioni, come per le configurazioni classiche di macchine di Stirling. Nel caso del free-piston la dinamica delle parti mobili e la termodinamica della macchina sono fortemente correlate e si influenzano a vicenda: l’ottimizzazione delle prestazioni dovrà quindi essere ottenuta combinando questi due effetti.
Pertanto oltre alle difficoltà realizzative e progettuali proprie delle macchine di Stirling, nel caso di macchine free-piston, si aggiunge la difficoltà dovuta all’assenza di un manovellismo che imponga una legge di variazione dei volumi fissa anche in funzione delle variazioni del carico.
Questo fa si che a seguito di variazioni di carico o di caratteristiche termodinamiche di funzionamento della macchina cambi non solo la frequenza di oscillazione dei pistoni, ma anche le loro corse, il loro sfasamento e la loro distanza reciproca. Spetta ad una corretta ed attenta progettazione far si che queste variazioni non comportino penalizzazioni delle prestazioni della macchina.


Cenni sul funzionamento di un motore Stirling free piston

Si prenda in considerazione una macchina di Stirling free piston come quella della figura successiva.


Si trascuri per semplicità, e perché comunque poco significativa rispetto alle altre forze in gioco, la forza di gravità agente sul displacer e sul pistone.
Trascuriamo inoltre per semplicità espositiva la presenza del carico, degli attriti tra le parti in moto ed altre effetti dissipativi.
Fornendo calore tramite lo scambiatore caldo al fluido presente in esso e nella zona di espansione la pressione del fluido tende ad aumentare nella camera di espansione e di compressione fino a sorpassare il valore della pressione vigente nella zona di rimbalzo. Per effetto delle forze di pressione agenti sulle superfici del pistone e del displacer questi tenderanno a scendere. Essendo però il displacer notevolmente più leggero del pistone ed essendo l’area della sezione del cilindro maggiore rispetto a quella del rod l’accelerazione del displacer risulterà superiore rispetto a quella del pistone.
Il fluido quindi passerà attraverso gli scambiatori esterni dalla camera di compressione alla camera di espansione dove si scalderà ulteriormente aumentando ancora la differenza di pressione e quindi le forze agenti sul pistone e sul displacer. Di conseguenza il pistone continuerà il suo moto ed il fluido subirà una espansione. La pressione nello spazio di rimbalzo aumenterà a causa del moto del pistone e del displacer fino a raggiungere e sorpassare la pressione nello spazio di lavoro; le due masse invertiranno allora il loro moto ma anche in questo caso il displacer avrà un’accelerazione maggiore. Il moto combinato del pistone e del displacer causerà il passaggio del fluido dalla camera di espansione alla camera di compressione attraverso gli scambiatori ed il rigeneratore. Il fluido quindi subirà una diminuzione di temperatura a seguito dell’effetto rigenerativo e del calore ceduto nello scambiatore freddo; come conseguenza la pressione vigente nello spazio di lavoro diminuirà ulteriormente. Quando il displacer avrà raggiunto il suo punto morto superiore la quasi totalità del fluido sarà nella camera di compressione e verrà compresso a seguito del moto del pistone. La pressione nello spazio di lavoro aumenterà mentre diminuirà quella vigente nello spazio di rimbalzo; ancora una volta le forze agenti sulle masse invertiranno le loro direzioni causando il moto del pistone e del displacer verso il basso ed il ciclo si ripeterà.





Il lavoro netto è raccolto dal pistone tramite ad esempio un generatore elettrico lineare ma non sono rari i casi di applicazione di questo tipo di macchina per azionare una pompa lineare.
La possibilità di estrarre lavoro dalla macchina è garantita dalla combinazione opportuna delle fluttuazioni di pressione e del movimento del pistone e del displacer.
Il moto del solo displacer permette il passaggio del fluido dalla parte calda a quella fredda e viceversa determinando le variazioni di pressione del fluido; il pistone effettua la compressione e l’espansione del fluido ed in definitiva l’estrazione di lavoro utile.


Per ulteriori informazioni: fede.marca@gmail.com

La macchina di Stirling

1- Richiami di termodinamica del ciclo di Stirling

Come noto il ciclo di Carnot (costituito da due isoterme e due adiabatiche) è il ciclo termodinamico che assicura il maggiore rendimento possibile in sede ideale tra le due temperature estreme del ciclo. Il rendimento sarà:

Nel 1873 Reitlinger dimostrò che tutte le macchine operanti nel medesimo intervallo di temperature e funzionanti con cicli costituiti da due isoterme e da altre due trasformazioni omologhe rigenerative sono in grado di realizzare il medesimo rendimento del ciclo di Carnot.
Assumendo quindi un ciclo con due trasformazioni isoterme alla massima e alla minima temperatura realizzando le altre due trasformazioni mediante isocore, politropiche o isobare rigenerative si otterrà il rendimento massimo ideale.
Se si operano due isobare si avrà il ciclo di Ericsson (1853), con due isocore il ciclo di Stirling (1816), con due politropiche il ciclo di Reitlinger (1873). Nelle seguenti Figure riportiamo sul piano P-V un confronto tra il ciclo di Stirling e il ciclo di Carnot e di Ericsson a parità di temperature estreme e di volumi massimi e minimi disponibili.




Dal punto di vista termodinamico il ciclo di Stirling presenta il vantaggio rispetto agli altri cicli menzionati di avere un maggiore lavoro specifico prodotto nel singolo ciclo.
Si riportano per confronto i lavori prodotti dai vari cicli a parità di temperature estreme Tmax e Tmin e di volumi massimi e minimi Vmax e Vmin offerti al fluido di lavoro.

A - Ciclo di Stirling:
B-Ciclo di Carnot:


Confrontando le espressioni (8) e (4) si nota che i termini sotto logaritmo sono diversi; in particolare il primo termine della (8) risulta minore rispetto all’analogo della (4) mentre il contrario si ha per i secondi termini. Tuttavia nell’espressione (8) l’effetto complessivo comporta una riduzione del lavoro utile rispetto al caso di Stirling poiché il primo termine è moltiplicato per la temperatura massima mentre il secondo termine, quello maggiore rispetto al ciclo Stirling, è moltiplicato per la temperatura minima.

C- Ciclo di Ericsson:


Anche in questo caso, come per il ciclo di Carnot, il lavoro utile risulta minore rispetto a quello prodotto dal ciclo Stirling.
Il ciclo di Stirling, a prescindere dalle difficoltà realizzative della macchina, è il ciclo termodinamico che presenta almeno in sede ideale il miglior rendimento e il maggior lavoro specifico.
Dalle espressioni precedenti si nota inoltre l’influenza del tipo di fluido di lavoro utilizzato sulle prestazioni della macchina. A parità di altri parametri un fluido con costante R maggiore produrrà un lavoro maggiore; si spiega quindi la scelta per molte macchine di funzionare con elio od idrogeno piuttosto che con aria (Relio = 2078 J/kgK, Raria = 287.1 J/kgK, Ridrogeno = 4126 J/kgK).


2- Breve storia della macchina di Stirling

La macchina di Stirling deve il suo nome al suo inventore il reverendo Robert Stirling che nel 1815 inventò e nel 1817 brevettò la prima versione della macchina il cui disegno (molto probabilmente dello stesso Robert Stirling) è riportato in Figura 3.


Figura 3: Un disegno della prima versione della macchina di Stirling

La macchina era costituita da un lungo cilindro riscaldato nella parte superiore tramite i gas caldi prodotti da una combustione e raffreddato nella parte inferiore con aria o acqua. Il cilindro contiene al suo interno un diplacer di diametro sensibilmente minore rispetto al diametro interno del cilindro ed un pistone con cui viene raccolto il lavoro prodotto dalla macchina. Il moto alternato del pistone e del displacer è regolato dal manovellismo visibile in figura. Il displacer determina il passaggio del fluido di lavoro dalla parte calda a quella fredda del cilindro facendolo passare attraverso un rigeneratore metallico disposto intorno ad esso.
Il successo della macchina di Stirling però venne oscurato dalla presenza dei cicli a vapore che all’epoca garantivano migliori prestazioni e maggiore affidabilità soprattutto per quanto riguardava la resistenza meccanica delle parti calde della macchina. A frenare ancora di più lo sviluppo della macchina di Stirling, che dal punto di vista termodinamico offre le migliori prestazioni possibili, fu l’avvento dei motori a combustione interna che all’epoca erano competitivi rispetto le macchine Stirling. L’insuccesso della macchina fu all’epoca di natura prettamente tecnologica. Nel 1930 la Philips riprese lo studio di motori Stirling in gruppi elettrogeni per alimentare radio e trasmettitori nel settore militare grazie alle caratteristiche di silenziosità e policombustibilità che solo la macchina di Stirling poteva offrire. Vennero realizzati alcuni modelli ma lo sviluppo si interruppe con la scoperta e la diffusione delle radio a transistor. Nuova rinascita si ebbe a seguito della crisi energetica del 1973: il motore Stirling venne indicato come la soluzione per la produzione di energia ad elevati rendimenti e bassi costi del kWh ma la crisi dello Yom Kippur spinse gli investimenti verso settori di ricerca più sicuri e quindi sui motori a combustione interna che furono largamente studiati e sviluppati per ridurne i consumi.

3- Principio di funzionamento

Il ciclo termodinamico di Stirling è costituito da quattro trasformazioni, una compressione isoterma, una espansione isoterma e due trasformazioni isocore rigenerative. Il ciclo ideale è riportato in Figura 4 sul piano P-V.


Figura 4: Ciclo di Stirling nel piano P-V

Il calore viene scambiato con l’esterno tramite le due trasformazioni di compressione ed espansione; in particolare affinché la compressione sia perfettamente isoterma è necessario che il fluido ceda una determinata quantità di calore (pari al lavoro di compressione) all’esterno e che durante l’espansione isoterma questo riceva dall’esterno del calore (pari al lavoro di espansione). Durante le due trasformazioni isocore il fluido viene alternativamente scaldato e raffreddato senza che questo scambi calore con l’esterno ma cedendo ed acquistando successivamente la stessa quantità di calore ad un rigeneratore termico. In questo modo il fluido acquista calore dall’esterno ad elevata temperatura durante la fase di espansione e lo cede a bassa temperatura durante la compressione. Se la rigenerazione è ideale il rendimento del ciclo sarà pari a quello del ciclo di Carnot operante tra le stesse temperature estreme, e quindi il rendimento massimo che un ciclo termodinamico ideale può avere fissate le temperature estreme.
Il lavoro specifico che si ottiene da un ciclo Stirling ideale è dato da:


Dove Vmin e Vmax sono i volumi minimi e massimi disponibili per il fluido ed R la costante del gas utilizzato.
Nelle macchine reali le trasformazioni di compressione ed espansione avvengono molto rapidamente e sono più vicine a trasformazioni adiabatiche rispetto ad isoterme. Da qui la necessità di inserire degli scambiatori termici ausiliari per poter permettere gli scambi di calore tra il fluido e l’esterno. Si viene così a realizzare il classico schema a cinque componenti: camera di compressione, scambiatore freddo, rigeneratore, scambiatore caldo, camera di espansione.



Figura 5: Configurazione Stirling a cinque componenti

Il moto dei pistoni determina sia lo scambio di lavoro con l’esterno e il fluido sia il passaggio del fluido di lavoro tra le diverse camere realizzando le due isocore.
La presenza di scambiatori ausiliari determina la presenza di volumi morti con conseguente riduzione del rapporto di compressione della macchina e peggioramento delle prestazioni globali.
Inoltre le trasformazioni di espansione e compressione nelle macchine reali avvengono molto rapidamente e sono quindi più simili a delle adiabatiche che a delle isoterme.

Figura 6: Ciclo di Stirling con isoterme (in nero) e adiabatiche (in blu e rosso)

La prima completa analisi del funzionamento di una macchina di Stirling si deve a Schmidt (1871) che propose una formulazione relativamente semplice per calcolare le prestazioni della macchina. Ad ogni modo le ipotesi che permisero l’integrazione delle equazioni sviluppate da Smith sono notevolmente semplificative dei processi che avvengono in una macchina reale. Tuttavia i risultati ottenuti con tale analisi presentano risultati soddisfacenti e furono adoperati per anni.


4- Tipologie di motori Stirling

Esistono diverse tipologie di motori a ciclo Stirling e diversi criteri per classificarle; uno dei più utilizzati è quello proposto da Kirkley in base al quale le macchine di Stirling possono essere ricondotte a tre tipologie denominate alfa, beta e gamma.
Quando sono previsti due cilindri distinti contenenti due stantuffi di lavoro sulle cui facce agisce la pressione istantanea del ciclo si ha la configurazione chiamata alfa.
Se invece in uno stesso cilindro scorrono un displacer ed un pistone di potenza la configurazione è detta beta.
Infine qualora uno dei due spazi di lavoro, quello di compressione, sia diviso tra i due cilindri che costituiscono la macchina si ha la configurazione gamma.
La configurazione alfa ha il vantaggio di avere ridotti volumi morti e poter separare il pistone caldo da quello freddo ma pone il problema di effettuare due tenute sulle aste dei pistoni. La configurazione beta è quella che pone minori problemi di volumi morti e di tenute.
La configurazione gamma ha un pistone ed un displacer come la configurazione beta ma questi sono posti in diversi cilindri separando così il cilindro contenente gli scambiatori da quello contenente il pistone. Tuttavia questa configurazione presenta in genere maggiori volumi morti rispetto le altre configurazioni e poiché parte dell’espansione avviene nel cilindro di compressione la potenza specifica risulta ridotta. La configurazione gamma è utilizzata per lo più per macchine di piccola potenza e modellini didattici.




Figura 7: Configurazione alfa

Figura 8 : Configurazione beta

Figura 9: Configurazione gamma

Oggetto

Macchina di Stirling free piston

La formula di Beale

Considerazioni sulla formula di Beale

William Beale osservò nel corso dei suoi studi come la potenza prodotta da una macchina di Stirling sia proporzionale alla pressione media del ciclo (P), alla frequenza di funzionamento della macchina (f) ed al volume spazzato dal pistone di potenza (V) tramite un opportuno coefficiente.
Walker battezzò tale coefficiente con il nome di Numero di Beale Bn.
Pertanto possiamo scrivere la seguente espressione per la potenza (W) prodotta da una macchina di Stirling:
Il Numero di Beale può essere posto pari a 0,15 utilizzando le unità di misura del S.I. per gli altri parametri della formula anche se per macchine di grandi dimensioni è presumibile un valore maggiore.
La seguente figura mostra la buona aderenza delle prestazioni di alcune macchine di diverso tipo e dimensione con quanto indicato dalla formula di Beale.
La linea tratteggiata indica le prestazioni previste utilizzando un numero di Beale pari a 0,15.

Una delle maggiori limitazioni della formula di Beale non è la sua ridotta precisione quanto il fatto di essere una formula descrittiva.
La formula in realtà ci dice come una macchina progettata e realizzata con cura ed esperienza svilupperà una determinata potenza massima (in realtà ci fornirà un valore alquanto indicativo di essa) una volta noto il prodotto tra frequenza, pressione e volume spazzato. Quindi, proprio per sua natura, la formula di Beale non dà alcuna indicazione su come disegnare e realizzare una macchina di Stirling, ma bensì garantisce l’ordine di grandezza delle prestazioni di una macchina ben disegnata e realizzata.
In realtà il Numero di Beale tutto è tranne che una costante: in sostanza racchiude le caratteristiche tecniche e tipologiche della macchina, la bontà con la quale essa è realizzata e progettata e in definitiva qualcosa di molto simile ad un’efficienza della macchina (che ricordiamo è, tra le altre cose, funzione delle temperature delle sorgenti di calore).
Proprio per questi motivi le diverse macchine possono avere valori del Numero di Beale diversi da 0,15. (Anzi, a rigore, una stessa macchina può avere diversi valori del Numero di Beale in base alle caratteristiche di funzionamento).
Per una macchina realizzata e dalle prestazioni misurate la formula di Beale può essere scritta nel seguente modo:

In questo modo il valore del Numero di Beale ottenuto può essere considerato (ovviamente si tratta di un’analisi semplificata) come una misura del grado di bontà progettuale e realizzativa della macchina. Macchine ben progettate saranno caratterizzate da un Numero di Beale elevato.
Ad aggiungere maggiore incertezza alle indicazioni fornite dalla formula di Beale, ma che allo stesso tempo ne conferma la correttezza concettuale, è la considerazione che la maggior parte delle macchine considerate da Beale operavano tra le temperature di 650 °C e 65 °C; la Formula di Beale (considerandone il valore di Bn pari a 0,15) non contiene alcuna indicazione sugli effetti delle temperature delle sorgenti di calore esterne proprio perché le macchine da lui considerate operavano in condizioni termiche simili. Tuttavia anche da una rapida analisi del ciclo ideale di Stirling si deduce l’importanza fondamentale delle temperature delle sorgenti.
Walker studiò il funzionamento di macchine operanti a diverse temperature e notò come il Numero di Beale sia in realtà dipendente da esse (come d’altra parte è confermato in base alle precedenti considerazioni e dalla termodinamica).
Nella seguente figura è riportato il Numero di Beale in funzione della temperatura dello scambiatore di calore caldo, a parità di temperatura dello scambiatore freddo (che è verosimilmente un parametro scarsamente variabile da macchina a macchina):

Come si vede è presente una ampia fascia di possibili valori per il Numero di Beale; essendo questo in sostanza legato al rendimento della macchina si possono considerare valori relativi alla parte alta del campo di variazione per macchine di alta qualità tecnologica.
Senf studiò gli effetti delle variazioni delle temperature sulle prestazioni delle macchine e propose la seguente espressione:

Il Numero di West Wn può essere posto pari a 0,35 il che comporta un Numero di Beale di 0,16 molto vicino a quello indicato dallo stesso Beale per le temperature Te=650°C e Tc=65°C. In realtà un valore di 0,25 risulta essere più corretto.
La correlazione di West è sicuramente più appropriata di quella di Beale ma ne condivide anche l’incertezza sulle prestazioni previste.

La formula di Beale è una formula estremamente interessante ma purtroppo di scarsa applicabilità se non per analisi semplificate.
Tuttavia è molto utile per dare delle indicazioni di massima come quelle proposte nei seguenti esempi.
Si ipotizzi di convertire un piccolo motore a combustione interna in una macchina di Stirling funzionante ad aria a bassa pressione con l’obiettivo di produrre potenze elevate.
Considerando di utilizzare due cilindri del diametro e dalla corsa di circa 5 cm (volume spazzato pari a 125 cm3) e di modificarlo inserendo opportuni scambiatori di calore caldo e freddo e rigeneratore in modo da funzionare come una macchina di Stirling.
Assumendo una pressione di 2 bar la potenza prodotta dalla macchina, considerando un Numero di Beale di media qualità pari a 0,15 (fermo restando le considerazioni fatte in precedenza) e una velocità di 1200 giri al minuto, è pari a:

In aggiunta a ciò bisogna considerare la possibilità che gli attriti meccanici assorbano una potenza simile se non maggiore al valore ottenuto riducendo ulteriormente la potenza utile sviluppata dalla macchina.
Partendo dagli stessi dati dell’esempio precedente ma aumentando il diametro del pistone fino a 10 cm si ottiene la potenza di 235,6 W. Tuttavia la scelta dei parametri costruttivi e funzionali del motore influenza il Numero di Beale che caratterizza il funzionamento di un dato motore.
Infatti come visto in precedenza il Numero di Beale può assumere valori superiori o inferiori rispetto a 0,15. Pertanto, almeno in linea teorica, con l’introduzione di soluzioni tecnologicamente avanzate e dimensionamenti ben eseguiti è possibili elevare la potenza ottenibile a parità dei parametri presenti nella formula di Beale fino ad esempio a un valore di 314 W (Nb=0,20); al contrario soluzioni meno raffinate e studiate possono limitare la potenza a 110 W (Nb=0,07).
A dire il vero l’utilità della formula di Beale in fase progettuale risulta limitata.
Anche assumendo di progettare e realizzare una macchina che garantisca un determinato valore del Numero di Beale (ad esempio 0,18 anche se come detto in precedenza Nb è un parametro che può essere valutato soltanto a macchina realizzata) e avendo fissato la potenza che si vuole ottenere e il volume spazzato (eventualmente come risultato di processi iterativi operati sulla formula di Beale), essendo questi sostanzialmente i primi dati di progetto, restano incognite la pressione media del ciclo e la frequenza di funzionamento della macchina. La pressione media del ciclo è difficilmente stimabile a priori (soprattutto se la geometria della macchina non è ancora stata completamente definita) ed è variabile a seconda delle diverse condizioni di funzionamento della macchina. Ipotizzando una pressione media del ciclo prossima alla pressione di carica della macchina (commettendo di fatto un errore) si potrebbe determinare la frequenza di funzionamento che garantisce le prestazioni volute.
Tuttavia la frequenza di funzionamento della macchina (influenzata tra le altre cose dalla pressione media del ciclo) dipende dal carico a cui è connessa la macchina e dalle condizioni termiche. In sostanza in fase progettuale applicando solamente le indicazioni della formula di Beale non si ha la certezza che la macchina raggiunga la voluta frequenza di funzionamento per il valore di potenza di progetto.
Nel caso di macchine free-piston l’utilità in fase progettuale della formula di Beale è ancora minore; in questo caso infatti nemmeno il volume spazzato dal pistone è un dato di progetto a causa dell’assenza del manovellismo. Si aggiunge quindi l’incognita del volume spazzato (eventualmente si potrebbe considerare il volume massimo che il pistone può spazzare) ed aumenta l’incertezza sul valore della frequenza di funzionamento. In particolare la corsa del pistone è un parametro che dipende dalle particolari condizioni progettuali e di funzionamento della macchina ed in particolare dal carico a cui essa è soggetta ed è difficilmente stimabile a priori.

In conclusione le indicazioni fornite dall’utilizzo della sola formula di Beale sono limitate; possono essere però utili per calcoli preliminari semplificati o per effettuare dei confronti tra macchine realizzate.
È interessante infine notare come le prestazioni della macchina dei fratelli Stirling realizzata nel 1834 e funzionante con aria siano decisamente buone avendo un Numero di Beale stimato di circa a 0,15!

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Riassunto tesi

Analisi di una macchina di Stirling free-piston e sviluppo di un codice di simulazione per la progettazione


Introduzione

Nell’ottica della riduzione dei consumi energetici, del miglioramento dei processi di produzione di energia elettrica e calore e dell’utilizzo di fonti rinnovabili come l’energia solare o le biomasse la macchina di Stirling con le sue elevate prestazioni in termini di rendimento e di affidabilità di funzionamento e silenziosità può ricoprire un ruolo di primo piano.
La macchina di Stirling essendo a combustione esterna permette l’utilizzo di diversi combustibili ottenendo elevate efficienze di combustione; la combustione infatti non è più strettamente legata al funzionamento della macchina, come nel caso di motori a combustione interna, e questo permette di avere efficienze di combustione maggiori e minore produzione di sostanze inquinanti. Inoltre questa caratteristica permette alla macchina di Stirling di essere alimentata da diversi combustibili quali il metano, la biomassa, biogas o gas di sintesi, oli combustibili, pellets etc.. Infine può essere alimentata anche da energia solare o nucleare ricoprendo quindi con lo stesso concetto di macchina diversi campi di applicazione.
La macchina di Stirling può trasformarsi nel medio-lungo periodo nella soluzione migliore per la produzione di energia elettrica e calore in impianti di piccola taglia, in gruppi elettrogeni, all’interno di imbarcazioni, o all’interno di caldaie. Infine può essere applicata anche all’interno di caldaie domestiche o condominiali per produrre calore ed energia elettrica con alte efficienze e in modo silenzioso fornendo un grande contributo nei sistemi di produzione distribuiti.
L’obbiettivo della tesi di laurea è lo sviluppo di un prototipo e la progettazione di una macchina di Stirling.



La macchina di Stirling del tipo free-piston, cioè con pistoni privi di manovellismi, oggetto di studio in passato di organismi autorevoli come il Gleen Research Center della NASA, è l’argomento centrale della tesi svolta.
L’obiettivo è la progettazione di una macchina della potenza elettrica di circa 1 kW e la realizzazione e lo sviluppo di un primo prototipo di potenza inferiore in modo da portare avanti il progetto sia sul piano teorico progettuale che su quello pratico.
La caratteristica dei free-piston, ossia l’assenza del manovellismo, ne contraddistingue sia l’approccio realizzativo che quello analitico.
L’assenza del manovellismo rende lo studio del funzionamento di questa macchina più complesso rispetto al caso di una macchina di Stirling dotata di manovellismo; in questo ultimo caso infatti l’analisi e il calcolo delle prestazioni della macchina può essere effettuato svincolando l’analisi della dinamica della macchina dalla termodinamica. Considerando ad esempio una configurazione alfa una volta stabilito l’angolo di sfasamento tra i il moto reciproco dei due pistoni, grandezza che solitamente si discosta poco dal valore di 90 gradi, la dinamica della macchina, o meglio dei pistoni, risulta ben definita e assai poco influenzata dagli effetti termodinamici. Si può quindi effettuare lo studio termodinamico del ciclo partendo dalle equazioni che descrivono il moto delle masse. Sono possibili diverse tecniche di calcolo, tra cui si ricorda la più datata, ma anche la più semplice, della teoria di Schmidt.
Nel caso di una macchina free-piston la dinamica della macchina è influenzata dalla termodinamica e soprattutto dall’andamento della pressione; la termodinamica a sua volta è strettamente influenzata dalla dinamica delle masse che stabilisce la legge di variazione dei volumi. Pertanto la dinamica e la termodinamica sono strettamente legate e ciò richiede uno studio simultaneo dei due fenomeni mediante un approccio di tipo numerico.
Questo complica lo studio delle prestazioni di una macchina esistente ma ancora di più quello legato ad una progettazione ex-novo. Nell’ambito della tesi è stato quindi realizzato appositamente un programma di calcolo delle prestazioni della macchina partendo dall’analisi delle forze agenti in essa. Si ottengono in questo modo delle equazioni descrittive del moto dei due pistoni; questo sistema assume la forma di un sistema non omogeneo di equazioni differenziali non lineari del 2° ordine a coefficienti non costanti. È stata utilizzata una tecnica di linearizzazione basata sulla sostituzione di detto sistema con un sistema di equazioni differenziali lineari del 2° ordine a coefficienti non costanti tale da garantire le stesse prestazioni della macchina in termini di lavoro e pressione. Vengono quindi introdotti dei coefficienti lineari che descrivono il comportamento non lineare della macchina soprattutto per quanto riguarda la distribuzione della pressione, il lavoro prodotto e le dissipazioni di energia per attriti. Questi coefficienti, come quelli che descrivono le equazioni della dinamica sono non costanti in quanto dipendono loro stessi dalla soluzione del sistema e dalle condizioni termiche, geometriche e termodinamiche della macchina.
Al modello dinamico è stato affiancato un modello termodinamico descrittivo della macchina: si è scelta una suddivisione della macchina in 5 volumi, la camera di espansione, la camera di compressione, il volume dello scambiatore caldo, dello scambiatore freddo e del rigeneratore. Per quanto riguarda la camera di compressione e di espansione si sono considerate trasformazioni adiabatiche e non isoterme (come indicato dal ciclo di Stirling ideale) perché più rappresentative della realtà di funzionamento della macchina. Questa scelta che non vincola quindi le temperature del fluido durante le fasi di compressione ed espansione, a scapito di una maggiore fedeltà al fenomeno fisico, comporta nel nostro caso una complicazione analitica andando ad aggiungere una ulteriore dipendenza dei coefficienti descrittivi la dinamica della macchina dalla soluzione del sistema stesso. Tuttavia l’errore che si commetterebbe considerando trasformazioni isoterme risulta notevole. Per quanto riguarda gli scambiatori si è considerato un modello di scambio termico basato su ipotesi di stazionarietà del moto del fluido, uniformità spaziale e temporale e unidirezionalità. In questo modo anche lo scambio termico con le sorgenti di calore esterne attraverso le superfici della macchina, ed il calcolo degli opportuni coefficienti di scambio termico legati alle particolari condizioni di funzionamento della macchina, è tenuto in considerazione.
Il rigeneratore è stato simulato avvalendosi di una opportuna teoria per rigeneratori di macchine di Stirling considerando un andamento della temperatura, in funzione della posizione considerata all’interno del rigeneratore, lineare tra quella del fluido nello scambiatore caldo e nello scambiatore freddo. Si è presa in esame una configurazione di macchina in cui gli scambiatori e il rigeneratore sono esterni al cilindro all’interno del quale scorrono il pistone ed il displacer. Infine è stato affiancato un modello di simulazione del comportamento del carico, costituito da un generatore elettrico lineare connesso ad un carico resistivo–capacitivo, per poter considerare anche le influenze del carico elettrico sulla macchina.
Sono state effettuate numerose simulazioni allo scopo di individuare, anche grazie all’esperienza pratica con un prototipo, le grandezze fondamentali per la progettazione di una macchina free-piston. Sono stati studiati gli effetti sul funzionamento della macchina sia di parametri geometrici e funzionali che di parametri termodinamici.
Tramite le simulazioni è stata progettata la macchina (modello FP15) valutando di volta in volta le possibili modifiche e configurazioni per migliorarne le prestazioni con un processo iterativo proprio della progettazione. Le varie scelte progettuali sono state accompagnate dallo studio di curve parametriche ottenute dalle simulazioni; avendo parametrizzato dette curve in funzione dei parametri più importanti per il funzionamento del motore queste si rivelano di utilità generale per la progettazione di un motore Stirling free-piston
La progettazione della macchina oltre ai risultati delle simulazioni ha tenuto in considerazione le problematiche relative alla realizzazione dei singoli componenti che costituiscono la macchina, del loro assemblaggio e della possibilità di realizzare una macchina modulare in cui i singoli componenti possano essere modificati senza dover costruire ex-novo la macchina.
Contestualmente è stato sviluppato un prototipo di macchina free-piston, il modello FP 32, in collaborazione con la XXXXX. Il prototipo è un free-piston in configurazione beta ed è privo di scambiatori di calore esterni al cilindro. In questo prototipo le pareti stesse del cilindro sono predisposte allo scambio termico con le sorgenti calde e fredde. Inoltre non è previsto un rigeneratore vero e proprio ma la rigenerazione è affidata all’inerzia termica (in realtà bassa) delle pareti del cilindro stesso e del displacer. Il pistone è stato dotato di un generatore elettrico lineare realizzato sempre in collaborazione con la XXXXX. La macchina è alimentata mediante un fornello a butano e raffreddata mediante acqua e lavora a pressione atmosferica. Sono state misurate frequenze di funzionamento comprese tra gli 8 e i 12 Hz con temperature della parte calda del cilindro prossime ai 750 °C e di circa 50 °C per la parte fredda; la corsa del pistone è di circa 25 mm e la potenza meccanica sviluppata di circa 5 W. A causa del ridotto rendimento del generatore elettrico la potenza elettrica misurata in uscita da questo è stata di circa 150 mW.


Ad ogni modo l’importanza del prototipo FP32 non risiede tanto nelle prestazioni ottenute (per le quali bisogna comunque tenere in considerazione l’assenza di pressurizzazione), quanto per essere stato un valido test di prova per l’acquisizione del relativo know-how e per lo studio e sviluppo di un successivo modello dalle prestazioni e dimensioni maggiori: il modello FP15. Questa macchina è stata progettata con scambiatori di calore e rigeneratore esterni al cilindro; l’obbiettivo è la realizzazione di una macchina dalla potenza utile di circa 1 kW operante a bassa pressione (6 bar) e dagli ingombri ridotti. Ci si è avvalsi dell’esperienza ottenuta con il prototipo FP15 e dallo studio dei risultati ottenuti dalle simulazioni effettuate con il programma scritto appositamente. Nelle seguenti figure sono riportate le prestazioni della macchina.








Infine dal confronto dei risultati ottenuti dalle simulazioni effettuate sono stati derivati due grafici che offrono uno spunto interessante per la progettazione e che non è stato trovato in bibliografia. Si tratta di condizioni di funzionamento in termini di efficienza complessiva della macchina e di ridotta variazione della frequenza di funzionamento della macchina a seguito di variazioni di carico o di parametri termodinamici. I due grafici mostrano come, per le diverse macchine simulate (macchine diverse per geometria e per condizioni termodinamiche di lavoro), sia necessario effettuare una scelta di compromesso tra l’esigenza di avere una macchina con elevata efficienza e una macchina funzionante a frequenza costante ma con efficienza lievemente ridotta. In funzione delle caratteristiche che si desiderano nella progettazione della macchina si può così definire un parametro che può essere scelto e sul quale basare la progettazione della macchina.
Il lavoro svolto nell’ambito della tesi di Laurea è stato oggetto di un articolo da me scritto dal titolo “The FP32 Stirling Free Piston prototype: theoretical and experimental analysis” che è stato presentato al “13th International Stirling Engine Conference” a Tokyo nel Settembre 2007.

Per ulteriori informazioni: fede.marca@gmail.com

Pubblicazioni

  • "Analisi di una macchina di Stirling free-piston e sviluppo di un codice di simulazione per la progettazione", 2007

  • “The PF32 Stirling Free-Piston prototipe: theoretical and experimental analysis” articolo pubblicato su ISEC 2007 e discusso a Tokyo al “13th International Stirling Engine Conference” nel Settembre 2007

Per informazioni e materiale formato pdf: fede.marca@gmail.com

Applicazioni della macchina di Stirling

1. Introduzione

Una quota consistente dell’inquinamento atmosferico e delle emissioni di gas serra nel nostro paese è ascrivibile al settore energetico. Oltre l’80% del potenziale di riduzione delle emissioni in aria di gas climalteranti è legato alla produzione ed al consumo di energia elettrica e termica ed al settore dei trasporti.
La promozione delle fonti rinnovabili è divenuta ormai una delle priorità della politica energetica dell’Unione Europea.
Le motivazioni che muovono all’utilizzo delle rinnovabili sono molteplici: riduzione dell’utilizzo dei combustibili fossili e quindi tutela dell’ambiente su scala locale e globale (Protocollo di Kyoto), parziale affrancamento dalle importazioni di energia da altri paesi, maggiore flessibilità, economicità e sicurezza dell’approvvigionamento energetico, sviluppo della generazione distribuita, creazione di un comparto produttivo consono alle piccole e medie imprese, generazione di nuova occupazione.
Gli obiettivi di riduzione dell’impatto ambientale dei sistemi energetici possono essere raggiunti mediante la promozione e la diffusione dei sistemi basati sulle energie rinnovabili, sulla generazione distribuita, tramite il risparmio energetico e l’utilizzo di sistemi ad alta efficienza nei processi di produzione, gestione e trasporto dell’energia e negli usi finali.
L’attuale sistema di produzione di energia elettrica centralizzato e basato sull’utilizzo di fonti non rinnovabili deve essere affiancato da un sistema basato sull’integrazione reciproca delle diverse fonti rinnovabili e sulla generazione distribuita ad alta efficienza.
L’integrazione delle fonti rinnovabili permette di risolvere le problematiche dovute alle loro caratteristiche di aleatorietà e ridotta densità energetica rendendole competitive ed affidabili.
La diffusione dell’utilizzo delle fonti rinnovabili oltre a comportare benefici ambientali determina dei benefici economici, sociali ed occupazionali permettendo lo sviluppo sia di settori commerciali che produttivi legati alle tematiche ambientali ed ai sistemi ad energie rinnovabili.
La diffusione dei sistemi di produzione decentralizzati basati sulle energie rinnovabili può inoltre contribuire alla diffusione nella popolazione di una coscienza ambientalmente sostenibile.

Un sistema che possa funzionare con combustibili diversi a seconda della loro reperibilità costo o impatto sull’ambiente è decisamente interessante sia dal punto di vista tecnico che economico e ambientale. Altrettanto interessante è un sistema che si basi sullo sfruttamento di energia rinnovabile come quella solare o che utilizzi biomasse.
Un motore termico basato sul ciclo di Stirling risponde a queste caratteristiche.
Il suo funzionamento richiede soltanto due sorgenti termiche, una a temperatura elevata che fornisca il calore dall’esterno ed una a bassa temperatura che riceva la parte del calore immesso non trasformata in lavoro utile. Il motore Stirling è a combustione esterna e ciò permette l’utilizzo di diversi combustibili, anche a basso potere calorifico, e inoltre permette una combustione completa e quindi caratterizzata da minori emissioni inquinanti. Un motore Stirling può funzionare quindi bruciando biomassa di diverso tipo, carbone, o combustibili più pregiati come quelli derivanti dal petrolio, o gas naturale. Inoltre una prerogativa unica e che rende questa macchina estremamente interessante è la possibilità di alimentarlo ad energia solare o nucleare. Un motore Stirling può essere utilizzato anche per cogenerazione grazie alla facilità con cui si può utilizzare il calore di scarto che è trasferito all’acqua del circuito di raffreddamento ed eventualmente utilizzando il calore residuo dei fumi prodotti dalla combustione.
Il motore Stirling può essere utilizzato anche per la produzione distribuita di energia elettrica; un motore di piccola taglia può essere inserito all’interno delle comuni caldaie domestiche per la produzione di acqua calda. In questo modo il combustibile, in genere metano e quindi pregiato, potrebbe essere bruciato per alimentare il motore fornendo calore ad alta temperatura; il calore di scarto del motore verrebbe poi utilizzato per la produzione dell’acqua calda richiesta dall’utenza. In questo modo si avrebbe la contemporanea produzione di energia elettrica e calore evitando di utilizzare un combustibile pregiato come il metano per la produzione di calore a bassa temperatura.
Inoltre una macchina di Stirling può funzionare come macchina frigorifera; estremamente interessante a riguardo è il filmato dimostrativo realizzato dalla Philips nel 1947.
Il motore Stirling proprio per le sue caratteristiche favorevoli ha avuto nel corso degli anni momenti di intensi studi alternati però da periodi in cui le condizioni politiche, economiche o tecniche ne hanno fermato o bloccato il progresso e la diffusione. Nell’ultimo secolo motivi di ordine economico e politico, piuttosto che tecnico, non hanno determinato investimenti e ricerche tali da permetterne una affermazione sul mercato.
Oggi le problematiche energetiche ed ambientali esistenti possono dare un terreno fertile per lo sviluppo ulteriore e la diffusione del motore Stirling.

Figura 1: Un generatore a ciclo Stirling alimentato ad energia solare

2. Principio di funzionamento

La macchina di Stirling deve il suo nome al suo inventore, il reverendo Robert Stirling, che nel 1815 inventò e nel 1817 brevettò la prima versione della macchina il cui disegno, molto probabilmente dello stesso Robert Stirling, è riportato in figura 2.


Figura 2: Un disegno della prima versione della macchina di Stirling

La macchina era costituita da un lungo cilindro riscaldato nella parte superiore tramite i gas caldi prodotti da una combustione e raffreddato nella parte inferiore con aria o acqua. Il cilindro contiene al suo interno un displacer di diametro sensibilmente minore rispetto al diametro interno del cilindro ed un pistone con cui viene raccolto il lavoro prodotto dalla macchina. Il moto alternato del pistone e del displacer è regolato dal manovellismo visibile in figura. Il displacer determina il passaggio del fluido di lavoro dalla parte calda a quella fredda del cilindro facendolo passare attraverso un rigeneratore metallico disposto intorno ad esso.
Il successo della macchina di Stirling però venne oscurato dalla presenza dei cicli a vapore che all’epoca garantivano migliori prestazioni e maggiore affidabilità soprattutto per quanto riguardava la resistenza meccanica delle parti calde della macchina. A frenare ancora di più lo sviluppo della macchina di Stirling, che dal punto di vista termodinamico offre le migliori prestazioni possibili, fu l’avvento dei motori a combustione interna che all’epoca erano competitivi rispetto le macchine di Stirling. L’insuccesso della macchina fu all’epoca di natura prettamente tecnologica.
Il ciclo termodinamico di Stirling è costituito da quattro trasformazioni, una compressione isoterma, una espansione isoterma e due trasformazioni isocore rigenerative. Il ciclo ideale è riportato in figura 3 sul piano P-V, Pressione-Volume specifico.

Figura 3: Ciclo di Stirling nel piano P-V

Il calore viene scambiato con l’esterno tramite le due trasformazioni di compressione ed espansione; in particolare affinché la compressione sia perfettamente isoterma è necessario che il fluido ceda una determinata quantità di calore (pari al lavoro di compressione) all’esterno e che durante l’espansione isoterma questo riceva dall’esterno del calore (pari al lavoro di espansione). Durante le due trasformazioni isocore il fluido viene alternativamente scaldato e raffreddato senza che questo scambi calore con l’esterno ma cedendo ed acquistando successivamente la stessa quantità di calore ad un rigeneratore termico. In questo modo il fluido acquista calore dall’esterno ad elevata temperatura durante la fase di espansione e lo cede a bassa temperatura durante la compressione. Se la rigenerazione è ideale il rendimento del ciclo sarà pari a quello del ciclo di Carnot, che come noto è il ciclo termodinamico che assicura il maggiore rendimento possibile in sede ideale;
Il rendimento è dato dall’espressione:

Nel 1873 Reitlinger dimostrò che tutte le macchine ideali operanti nel medesimo intervallo di temperature e funzionanti con cicli costituiti da due isoterme e da altre due trasformazioni omologhe rigenerative sono in grado di realizzare il medesimo rendimento del ciclo di Carnot.
Assumendo quindi un ciclo con due trasformazioni isoterme alla massima e alla minima temperatura realizzando le altre due trasformazioni mediante isocore, politropiche o isobare rigenerative si otterrà il rendimento massimo ideale.
Dal punto di vista termodinamico il ciclo di Stirling presenta il vantaggio, rispetto agli altri cicli menzionati, di avere un maggiore lavoro specifico prodotto nel singolo ciclo come si può anche osservare dalle figure successive nelle quali sono riportati sul piano P-V un confronto tra il ciclo di Stirling e il ciclo di Carnot e di Ericsson a parità di temperature estreme e di volumi massimi e minimi disponibili e quindi del volume spazzato dai pistoni.

Figura 4: Confronto tra il ciclo di Stirling (1-2-3-4) e di Ericsson (5-2-6-4) a sinistra, e confronto tra il ciclo di Stirling (1-2-3-4) e di Carnot (1-5-3-6) a destra

Il ciclo di Stirling, a prescindere dalle difficoltà realizzative della macchina, è il ciclo termodinamico che presenta almeno in sede ideale il miglior rendimento e il maggior lavoro specifico.
Nelle macchine reali le trasformazioni di compressione ed espansione avvengono molto rapidamente e sono più vicine a trasformazioni adiabatiche rispetto ad isoterme. Da qui la necessità di inserire degli scambiatori termici ausiliari per poter permettere gli scambi di calore tra il fluido e l’esterno. Si viene così a realizzare il classico schema a cinque componenti: camera di compressione, scambiatore freddo, rigeneratore, scambiatore caldo, camera di espansione.


Figura 5: Configurazione Stirling a cinque componenti

Il moto dei pistoni determina sia lo scambio di lavoro con l’esterno e il fluido sia il passaggio del fluido di lavoro tra le diverse camere realizzando le due isocore. Il fluido di lavoro utilizzato è quasi sempre elio grazie al suo ridotto costo, alle ottime capacità di scambio, e alla atossicità e non infiammabilità. In alcuni casi per prestazioni maggiori viene utilizzato idrogeno.
Lo scambiatore freddo è in genere raffreddato mediante acqua o aria non essendo richieste prestazioni termiche gravose .
Lo scambiatore caldo può ricevere calore da una qualsiasi sorgente che sia in grado di fornire calore a temperature sufficientemente elevate (600-800 °C); come insegnato dalla termodinamica del ciclo di Stirling infatti le prestazioni migliorano all’aumentare della temperatura della sorgente calda ed al diminuire di quella fredda.
Esistono diverse tipologie di motori a ciclo Stirling e diversi criteri per classificarle; uno dei più utilizzati è quello proposto da Kirkley in base al quale le macchine di Stirling possono essere ricondotte a tre tipologie denominate alfa, beta e gamma.
Quando sono previsti due cilindri distinti contenenti due stantuffi di lavoro sulle cui facce agisce la pressione istantanea del ciclo si ha la configurazione chiamata alfa.

Figura 6: Configurazione alfa

Se invece in uno stesso cilindro scorrono un displacer ed un pistone di potenza la configurazione è detta beta.

Figura 7: Configurazione beta

Infine qualora uno dei due spazi di lavoro, quello di compressione, sia diviso tra i due cilindri che costituiscono la macchina si ha la configurazione gamma.


Figura 8: Configurazione gamma

La configurazione alfa ha il vantaggio di avere pochi volumi morti e poter separare il pistone caldo da quello freddo ma pone il problema di effettuare due tenute sulle aste dei pistoni. La configurazione beta è quella che pone minori problemi di volumi morti e di tenute poiché l’unica tenuta è sull’asta dell’unico pistone.
La configurazione gamma ha un pistone ed un displacer come la configurazione beta, ma questi sono posti in diversi cilindri separando così il cilindro contenente gli scambiatori da quello contenente il pistone. Tuttavia queste macchina hanno in genere maggiori volumi morti rispetto le altre configurazioni e, poiché parte dell’espansione avviene nel cilindro di compressione, la potenza specifica risulta ridotta. La configurazione gamma è utilizzata per lo più per macchine di piccola potenza.


3. Applicazioni

Come anticipato le applicazioni della macchina di Stirling sono notevoli.
Le applicazioni classiche sono l’utilizzo cogenerativo per produrre energia elettrica e calore utilizzando metano come combustibile. In genere la taglia per questa tipologia di macchine è delle decine di kWe come ad esempio la macchina della SOLO V-161 da 7,5 kWe o della STM Power da 55 kWe che sono riportate nelle seguenti figure.

Figura 9: La macchina di Stirling V-161 della SOLO


Figura 10: Il modello da 55 kWe della STM Power

L’utilizzo cogenerativo di queste macchine è consigliato grazie all’elevato sfruttamento dell’energia primaria del combustibile utilizzato che può raggiungere valori del 97%. Infatti l’energia del combustibile è trasformata in energia elettrica e calore che può essere facilmente recuperato e utilizzato per le utenze termiche.
Queste macchine sona caratterizzate da efficienze elettriche del 20-25 % (ma sono presenti casi di efficienze prossime al 30%) e dall’elevata silenziosità di funzionamento. Inoltre una importante caratteristica di queste macchine è l’elevata affidabilità che comporta una ridotta manutenzione e permette funzionamenti annui prossimi alle 8000 ore.


Figura 11: Il modello EG-1000 da 1 kWe della Sunpower
Figura 12: Prestazioni del modello EG-1000 della Sunpower

Molto interessanti sono le applicazioni di queste macchine che utilizzano come combustibile biomasse grazie alla possibilità tipica di questa macchina di funzionare a combustione esterna. Pertanto è possibile l’utilizzo di diverse tipologie di biomasse (scarti forestali, biomasse da coltivazioni energetiche, scarti di lavorazione o derivanti dall’attività agricola) in base al costo e disponibilità. Un esempio di questa applicazione è quello della macchina della Stirling Denmark da 35 kWe riportata in figura seguente.


Figura 13: La macchina di Stirling della Stirling Denmark da 35 kWe alimentata a biomassa


Questa tipologia di applicazione è estremamente interessante sia per l’elevata efficienza energetica nell’utilizzo del combustibile primario sia per il fatto che questo può derivare da scarti altrimenti non utilizzabili (es. eccessiva produzione di granturco) o essere una fonte rinnovabile di energia. Inoltre in questo caso la produzione di energia elettrica viene incentivata mediante i meccanismi dei Certificati Verdi o del conto energia (si veda la Finanziaria 2008).
Inoltre è pensabile l’installazione di una macchina di Stirling della potenza ridotta e quindi dalle ridotte dimensioni e modulare all’interno delle normali classiche caldaie a pellets o cippato.
Recentemente sono state studiate anche applicazioni di macchine di ridotta potenza elettrica per utilizzi domestici. In questo caso la macchina di Stirling, tipicamente della potenza elettrica di 1-3 kWe, è inserita all’interno di una caldaia domestica monofamiliare. In questo modo la caldaia è in grado di produrre energia termica per il riscaldamento domestico e acqua calda sanitaria insieme ad energia elettrica utilizzando metano come combustibile. L’utente trae vantaggio dall’utilizzo di questa macchina grazie alla parziale copertura dei carichi elettrici dell’abitazione e può eventualmente vendere l’energia elettrica in eccesso alla rete o usufruire del meccanismo di scambio sul posto. Generalmente le macchine utilizzate per questa applicazione sono della tipologia free-piston, ovvero a pistoni liberi; in queste macchine il moto dei pistoni non è regolato dal classico manovellismo ma da un sistema a molle. Le macchine free-piston hanno l’ulteriore vantaggio rispetto le altre tipologie di essere ancora più silenziose e affidabili e questo ne favorisce l’uso in ambienti domestici.
Al momento l’offerta commerciale di queste macchine per la produzione combinata di calore ed energia elettrica ad uso domestico è limitata ad alcuni esempi in paesi del nord Europa molto attenti alle problematiche ambientali.

Figura 14: Applicazione domestica della macchina di Stirling

Ovviamente la macchina di Stirling può essere utilizzata anche per utenze plurifamiliari al servizio di più appartamenti come nel caso di ville o condomini.












Figura 15: Applicazione domestica della macchina di Stirling

Grande interesse tecnico ed ambientale è legato all’utilizzo dell’energia solare per la produzione di energia elettrica. L’utilizzo di cicli termodinamici è una valida alternativa ai sistemi fotovoltaici con il vantaggio aggiuntivo di poter produrre contemporaneamente energia elettrica e calore.
La macchina di Stirling può essere utilizzata anche in queste applicazioni fornendo una valida alternativa ai classici sistemi a concentrazione con cicli a vapore e dimostrando tutta la sua versatilità.
Un esempio di questa soluzione è l’abbinamento di un disco concentratore del diametro di circa 10 m con una macchina di Stirling della potenza di 10-30 kWe.
Ovviamente possono essere affiancati più motori fino a realizzare un campo solare per la produzione di energia elettrica e calore in modo pulito.




Figura 16: La macchina di Stirling alimentata ad energia solare

Inoltre dal punto di vista tecnico il primato mondiale di efficienza, definita come rapporto tra potenza elettrica netta e potenza solare incidente sugli specchi, nella produzione di energia elettrica da fonte solare mediante cicli termodinamici spetta proprio ad un impianto con macchina di Stirling da 25 kWe della Advanco Vanguard che realizzò efficienze del 29%. Questo valore è superiore rispetto alle altre tecnologie di produzione di energia elettrica da solare con cicli termodinamici; ad esempio il progetto Archimede dell’ENEA prevede efficienze di circa il 17%.
Pertanto l’utilizzo di macchine di Stirling alimentate a fonte solare è una valida alternativa agli impianti solari a concentrazione parabolici lineari.
Una ulteriore applicazione di questa tipologia di macchine e che dimostra le grandi potenzialità di questa tecnologia è la possibilità di funzionamento inverso. Infatti la macchina di Stirling può funzionare anche come macchina operatrice qualora essa invece di cedere all’esterno lavoro meccanico ne riceva. In questo caso la macchina si comporta come pompa da calore, fornendo calore ad esempio per il riscaldamento domestico e sottraendolo all’ambiente esterno a bassa temperatura; la macchina viene in questo caso alimentata da un motore elettrico o da un’altra macchina di Stirling funzionante da motrice.
Infine, sempre funzionando da macchina operatrice ma invertendo il verso di rotazione dell’albero è possibile ottenere un effetto refrigerante fino a temperature criogeniche.
Alcuni esempi di questa applicazione sono riportati nella seguente figura.



Figura 17: Esempi di macchine di Stirling in funzionamento criogenico

4. Conclusioni

La macchina di Stirling presenta molti vantaggi rispetto ad alcuni normali sistemi di produzione di energia elettrica e calore e si dimostra affidabile e versatile potendo essere applicata in numerosi campi.
Purtroppo però è una tecnologia che ancora non è sviluppata sul mercato a causa di ritardi nelle fasi di ricerca legati a problemi non tecnologici ma di condizioni al contorno e competitività con altre tecnologie che hanno beneficiato nel tempo e continuano a beneficiare di ingenti finanziamenti sia nella ricerca che nella commercializzazione.
In questi anni l’attenzione alle tematiche ambientali può riproporre lo sviluppo di questa tecnologia, come già avvenne nei primi anni ’70 a seguito delle crisi energetiche; purtroppo all’epoca lo sviluppo e la ricerca vennero presto abbandonati a causa di instabilità economiche e politiche a livello mondiale (crisi dello Yom Kippur) che hanno spinto gli investitori a puntare verso settori più “sicuri” come quello dei motori a combustione interna.
Oggi le possibilità di sviluppo di questa tecnologia sono elevate e possono portare finalmente ad una diffusione di questa tecnologia con tutti i benefici economici e ambientali connessi.

Ringraziamenti

Si ringrazia:
Ing. Antonello Binni
Ing. Katiuscia Cipri
Claudio Gardeni
Marco Tironi

Video FP32


Per ulteriori informazioni: fede.marca@gmail.com

Prototipo FP15

Prototipo dalla potenza di circa 1 kW studiato e progettato per garantirne una elevata stabilità intrinseca di funzionamento a seguito di variazioni di carico in prossimità del carico nominale.






Questa macchina è stata studiata con l'obiettivo di ridurre al minimo il numero di componenti necessari e semplificandone al massimo la realizzazione per permettere una produzione a costi competitivi.



Nei successivi grafici sono riportate le prestazioni della macchina a monte del generatore elettrico lineare. La potenza utile è quindi la potenza meccanica utile messa a disposizione del generatore elettrico lineare, la cui presenza è comunque considerata nel calcolo delle prestazioni, mentre il rendimento indicato è al lordo del rendimento del generatore elettrico.





Per ulteriori informazioni: fede.marca@gmail.com